L'eterna ripetizione raccoglie due sorprendenti racconti - L'idillio e L'ultima parola - che Blanchot ha scritto fra il 1935 e il 1936. Ne L'idillio, l'estraneità irriducibile dell'immigrato delinea la figura dello straniero come colui che rifiuta la 'felice' integrazione offerta da un'istituzione collettiva 'tollerante', delinea la figura dello straniero come colui che non si adatta al proprio esilio né sa rinunciarvi, perché non vuole sottomettersi alle 'regole' dell'accoglienza. Ne L'ultima parola, invece, è narrata la catastrofe di una società in cui il linguaggio viene improvvisamente privato delle "parole d'ordine" che garantivano la comunicazione e la gerarchia dei rapporti umani. Infine, in Après coup Blanchot ripensa, a distanza di cinquant'anni, questi suoi due racconti, interrogandosi sul rapporto tra opera e autore, sulla gloria della voce narrativa, sulla possibilità di raccontare Auschwitz.