Tra corpo e pensiero cìè un resto che nessuno dei due lati può cogliere, né raccogliere. Certo, c'è un corpo-di-pensiero e c'è un pensiero del corpo - che hanno occupato riflessioni importanti nel secondo novecento. E c'è la rivolta appassionata, talvolta disperata, di tutti i soggetti "sessuati" che nello stesso periodo hanno sondato modi diversi del vivere e del mettersi in questione nel mondo proprio a partire dalle possibilità del corpo. Cosicché si può ben chiamare "queer" questo insieme di pensieri insorgenti e di corpi in rivolta, che si fanno cenno. Ma quel "resto", che non consente un sapere assoluto del corpo e della sessualità, a cui Lacan ha dato una lapidaria forma espressiva - "non c'è rapporto sessuale"- non è più solo affare dei tempi lunghi della storira ma è arrivato alla lettera della cronaca quotidiana, come a stringere d'assedio le nostre vite.
Donne, omosessuali, lesbiche, transessuali, e anche taluni uomini, siamo oramai tutte/i interpellati dall'evanescenza e dalla precarietà del rapporto con l'Altro, che è stato sempre la significazione di quel "resto" che, come dice l'autrice, "è diventato un prisma moltiplicativo" privo di figure certe: sicché è il "totalmente altro" del razzismo e della discriminazione a prevalere nei fantasmi dell'epoca.
Il libro cerca di riattraversare questo processo, singolare e collettivo, interrogando i protagonisti di una grande stagione del pensiero - Lacan, Deleuze, Foucault, Derrida, Irigaray, Butler, Arendt, Benjamin fra gli altri - per comprendere come le ferite del concetto e le aporie del piacere lascino lampeggiare se non la certezza di una liberazione, almeno la possibilità di fare un passo che contrasti questa "aria del tempo" che ci sta avvolgendo.
Fabrizia Di Stefano si dedica da anni a indagare temi e questioni della soggettività contemporanee. Ha collaborato con il Manifesto e ha curato, con M. Ciampa, il volume di Bataille, Kojève e altri, Sulla fine della storia (Liguori 1985).