Se c'è del vero nella necessità, sostenuta da Giorgio Manganelli, di "uccidere" uno scrittore per poterlo fare accedere alla dimensione della classicità, allora tra le pagine di questa monografica critica si consuma il più salutare degli omicidi. L'autrice del saggio infligge con mano amorosa e attenta "la grande, nobile morte", dissangua insomma di tutto il suo sangue l'opera di Philip K. Dick, massimo autore di fantascienza. E così anche gli ultimi increduli lettori saranno costretti a lasciare dubbi e riserve sull'intrinseco valore letterario dello scrittore californiano, affidandosi al delirio narrativo di uno dei più originali e discussi classici del Novecento. Alternando la sua voce a quella di Dick, Linda De Feo fa in modo che sia lo scrittore stesso a guidarci attraverso i nodi concettuali e le ossessioni che costellano il suo universo, dalla metastasi dei simulacri nel reale alle visioni della cultura lisergica degli anni Sessanta, fino alle conclusive derive cosmico-teologiche e all'attuale dibattito sulla scienza e le nuove tecnologie.
Anche il più smaliziato lettore di cose dickiane, pertanto, non farà fatica a comprendere l'indiscutibile importanza di questo volume, non fosse altro perché, in una conversazione "critica" di questo tipo, le voci in gioco, non potendo preservare la propria reciproca identità, finiscono sempre con il mettersi in condizione di offrire quella "penultima verità" che non può che riguardare il nostro presente; e, così facendo, ci convocano tutti, amanti di Dick o meno, dal "formicaio" delle nostre esistenze.