L'influenza che il “modo americano di fare città” ha esercitato sui processi di urbanizzazione nell'ultimo secolo è la questione di fondo con cui si misura questo libro, il quale muove dal riconoscimento della natura “imperiale” dei dispositivi di produzione dello spazio urbano che emergono nel panorama statunitense tra Otto e Novecento e che risultano nel tempo operanti su una scala progressivamente globale.
In questa prospettiva, vengono sviluppati tre discorsi, ciascuno teso a dare corpo a uno specifico dispositivo: la metropoli ad alta concentrazione di popolazione e capitale, la suburbia della crescita intensiva e a bassa densità, la città autosufficiente di matrice comunitaria. è all'interno del rapporto storicamente complesso tra Europa e Stati Uniti che si può concepire il carattere eccezionalista del potere americano, la sua aspirazione a sottrarsi al corso della storia cui tutti gli altri poteri costituiti sarebbero invece tenuti a sottostare. Ed è all'interno di questo rapporto che si è determinata una forma di dominio globale che, fino a pochi anni fa, poteva dirsi incontrastata.
In una fase, come quella attuale, in cui si affacciano nuove forme di impero, quando è a rischio la stabilità economica e sociale di milioni di abitanti delle città, la pianificazione urbana si manifesta nel pieno della sua condizione dilemmatica, e ciononostante si riconosce il compito di coltivare una coscienza della crisi che si misuri con la violenza del potere capitalistico, ma che sia anche in grado di cogliere il potenziale che, nelle pieghe del sistema, è in attesa di manifestarsi come nuovo progetto sociale nello spazio.
A cura di Laura Lieto