Come nota Fabio Pusterla nella postfazione a Come, i testi di Vega Tescari non sono dei racconti nel senso tradizionale del termine, anche se non sono estranei ai modi della narrazione, e non sono neppure delle poesie versificate, benché presentino la potenza evocativa e il lavoro sulla parola tipici del linguaggio poetico: “Non è facile trovare dei punti di riferimento letterari, se non proprio dei modelli; si pensa subito, inevitabilmente, a certe atmosfere kafkiane, più dei racconti brevi che dei romanzi; oppure a Robert Walser, alla tersità narrativa di certe sue scene; o ancora, per l'irruzione dissimulata dell'onirico e del surreale, ai racconti misteriosi di Corinna Bille. Per rimanere o ritornare in Italia, probabilmente si potrebbe pensare a un punto intermedio tra Landolfi e un certo Calvino…”.