In questo libro, che tanta parte ha avuto nella cultura francese del Novecento, émile Bréhier introduce lo Stoicismo nel grande dialogo che la filosofia contemporanea ha intrattenuto con l'antichità, esplorando il luogo in cui sembra venir meno il principale assunto della dottrina stoica: «tutto ciò che esiste è corpo». Questa fisica, che estende la nozione di corpo a tutto ciò che è in grado di agire e patire, è costretta a fare i conti con quattro residui inattivi e impassibili: l'esprimibile, il luogo, il vuoto e il tempo. Si tratta di esistenze al limite del reale. Non per questo secondarie, se è vero che la dialettica – «scienza del vero e del falso e di ciò che non è né vero né falso» – si compone esclusivamente di esprimibili, ossia di incorporei. La presenza degli incorporei, inoltre, conduce gli Stoici a situare al sommo delle categorie non più l'«essere» ma il «qualcosa»: unità più alta che comprende corpi e incorporei.
Emile Bréhier (1876-1952) è stato filosofo e storico della filosofia. Autore di una magistrale Histoire de la philosophie(1926-1932) e di una traduzione delle Enneadi divenuta imprescindibile (1924-38), è noto in Italia soprattutto per La filosofia del medioevo (Einaudi, 1952).